
Grandi attori nel film sbagliato: 10 casi in cui Hollywood ha sbagliato etnia

Penelope Cruz in American Crime Story: The Assassination of Gianni Versace (2018)
Con la globalizzazione, ma soprattutto con l'innovazione tecnologica del digitale, i film hanno iniziato a girare molto più nel mondo e spesso a essere visti in lingua originale. Capita così che ci accorgiamo più spesso di come in un determinato ruolo etnico non vengano sempre presi attori di quella etnia o lingua. Al cinema conta più il volto, la presenza, la bravura della correttezza filologica. Eppure ci sono casi così smaccati di "errori di etnia" da spingere alle volte al ridicolo.
Nel caso di American Crime Story: The Assassination of Gianni Versace (qui la nostra recensione), sono stati scelti tre attori latini - Edgar Ramirez, Penelope Cruz e Ricky Martin - per interpretare degli italiani. E si sente, specialmente nel caso della Cruz, con il suo accento spagnolo inequivocabile. Hollywood è davvero convinta che italiani e ispanici siano intercambiabili? E che tutti i "latinos" siano uguali? O che cinesi e giapponesi lo siano? Scoprite le risposte a queste domande nella nostra gallery...
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John Wayne in Il conquistatore (1956)
Oggi, il whitewashing, ovvero la pratica di utilizzare attori bianchi in ruoli etnici, è un tabù a Hollywood. Ma un tempo non era così e sono tanti i casi di star caucasiche scelte per "vendere" un film in barba all'etnia dei personaggi. Uno dei casi più eclatanti è quello di John Wayne nel ruolo di Gengis Khan ne Il conquistatore, per altro un film che ha causato la morte di diverse sue star, Wayne incluso.

Charlton Heston in L'infernale Quinlan (1958)
In L'infernale Quinlan di Orson Welles, Charlton Heston interpreta Mike Vargas, un agente antidroga messicano. Il film è un capolavoro, Heston è pur sempre Heston ma vederlo coi capelli neri e i baffetti è ancora più straniante che vederlo biondo nel ruolo di un ebreo in Ben-Hur o I dieci comandamenti.

Mickey Rooney in Colazione da Tiffany (1961)
Come John Wayne ne Il conquistatore, ma ancora più offensivo! Perché il Mr. Yunioshi di Mickey Rooney, padrone di casa di Holly in Colazione da Tiffany, è l'incarnazione di tutti gli stereotipi sui giapponesi vigenti al tempo in America. Una rappresentazione dunque apertamente razzista, di cui l'attore si è scusato in seguito.

Fernando Rey in Il braccio violento della legge (1971)
Fernando Rey interpreta il trafficante di eroina francese Alain Charnier nel capolavoro di William Friedkin Il braccio violento della legge. Rey fu scritturato per errore, perché Friedkin voleva in realtà Francisco Rabal. In entrambi i casi, comunque, non si trattava di attori francesi. Il francese di Rey fu ritenuto in effetti inadeguato a riprese concluse. Ennesima riprova del fatto che gli europei non sono semplicemente intercambiabili, anche se gli americani pensano che sia cos.

Robert De Niro in Il padrino - Parte II (1974)
Lo sappiamo, lo sappiamo. Robert De Niro è della giusta etnia per interpretare un italiano. Ma non è realmente italiano, è italo-americano e non parla una parola di italiano neanche con una pistola puntata alla tempia. Ed è per questo che, se guardate Il padrino - Parte II in lingua originale, vi renderete presto conto di come De Niro abbia imparato per filo e per segno i suoni dei dialoghi in siciliano che doveva pronunciare, senza avere la minima idea di cosa stava dicendo. Un flusso ininterrotto di parole senza le pause o gli accenti giusti.

Zhang Ziyi (e non solo) in Memorie di una geisha (2005)
In questa foto potete ammirare Li Gong, Michelle Yeoh e Zhang Ziyi in Memorie di una Geisha. La prima e la terza sono cinesi, la seconda è malese-cinese. Nel film interpretano ovviamente tre giapponesi e sono l'emblema di uno dei più vecchi stereotipi di sempre: gli orientali sono "tutti uguali". No, non lo sono, ed è particolarmente evidente guardando i lineamenti di Li e Zhang, inequivocabilmente cinesi.

Tom Cruise in Mission: Impossible 3 e 4 (2006-2011)
Nel mondo di Mission: Impossible, e di molti altri film di spionaggio, gli agenti segreti riescono a imparare alla perfezione svariate lingue, un'abilità sovrumana che consente loro di travestirsi e intrufolarsi ovunque. Un'abilità fittizia che però si infrange senza pietà contro lo scoglio della lingua originale... Se guardate in inglese Mission: Impossible III, vi farete quattro sane risate quando Tom Cruise e Jonathan Rhys Meyers litigano in italiano in mezzo al traffico, gesticolando come dannati e presi a parolacce persino da Andrea "Bufalo" Sartoretti. Per non parlare di Protocollo fantasma, in cui Cruise si finge ufficiale russo al Cremlino... e nessuno si accorge della truffa!

Willem Dafoe in Pasolini (2014)
Forse il premio per la scelta più bizzarra e straniante va ad Abel Ferrara, per aver chiamato Willem Dafoe a interpretare Pier Paolo Pasolini. La somiglianza fisica c'è, ma a quel punto o fai un film tutto in inglese, oppure prendi solo attori italiani. Ferrara ha optato per un mix in cui l'americano Dafoe si ritrova a interagire con Riccardo Scamarcio - che fa Ninetto Davoli, un romano, oltretutto! - e Davoli stesso, parlando un italiano stentato con accento fortissimo. Assurdo oltre ogni dire.

Wagner Moura in Narcos (2015)
Scegliere un attore per il ruolo del narco-terrorista Pablo Escobar non era impresa facile, ma Wagner Moura ha fatto un ottimo lavoro. Solo che Moura è brasiliano, e si sente. L'accento portoghese emerge tra le pieghe del suo pur ottimo spagnolo in Narcos e ci spinge a chiedere: ma possibile che Netflix non avesse per le mani nessun attore parlante spagnolo adatto alla parte?

Romain Duris in Tutti i soldi del mondo (2017)
Tutta la polemica su Kevin Spacey/Christopher Plummer ha nascosto la vera controversia del film di Ridley Scott: in un cast popolato di attori italiani a interpretare i rapitori calabresi di Getty, Romain Duris è l'unico non italiano... ed è il rapitore principale! Vedere il film in italiano almeno risparmia l'improbabile accento di Duris nelle scene in cui deve interagire con i "colleghi" (tra cui c'è Nicolas Vaporidis). Già essere credibili parlando in un'altra lingua non è facile, ma se in più ci si mette di mezzo il dialetto è ancora peggio.