
Dieci film perfetti così come sono

Lo squalo (1975)
Cosa significa "film perfetto"? Si tratta di un insieme di fattori che devono collimare. Un film perfetto non è mai troppo lungo. Finisce esattamente dove deve finire, senza inutili code. Elimina tutto il superfluo per concentrarsi su un racconto cristallino, guidato da un tema preciso. Non si perde in chiacchiere ma lascia spazio alla parte visiva, riducendo i dialoghi al necessario. E, soprattutto, racconta una storia in maniera talmente esaustiva da non farci desiderare che questa prosegua oltre con sequel vari. Poi, ovviamente, subentrano i gusti personali. E ovviamente c'entrano anche nella nostra gallery, anche se abbiamo cercato di essere obbiettivi. Ecco, dunque, dieci film che si avvicinano quanto più possibile alla perfezione.
Il primo è Lo squalo, capolavoro che mise immediatamente Steven Spielberg nella mappa dei giovani registi da tenere d'occhio. Il primo vero blockbuster estivo della storia del cinema fonde orrore, avventura classica (c'è tanto Moby Dick) e amicizia virile per raccontare una storia trascinante e immediata. Tutto è perfettamente calibrato - la tensione, l'umorismo, il dramma - e il risultato è ancora oggi un film che si rivede con enorme piacere.
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L'uomo che sapeva troppo (1956)
Una sinfonia di tensione in cui tutta l'orchestra esegue parti studiate fino all'ossessione. Alfred Hitchcock ha realizzato talmente tanti capolavori che è difficile contarli, ma L'uomo che sapeva troppo rasenta una perfezione invidiabile. Sarà perché Hitch aveva avuto modo di girare una "prova generale" nel 1934 (di cui questo è un remake), sarà che la faccia di Jimmy Stewart è quanto di più vicino all'everyman mai partorito da Hollywood, e ci aiuta a entrare nel suo punto di vista con poco sforzo. Sarà per un finale tra i più tesi della storia del cinema. Che sarà, sarà.

La parola ai giurati (1957)
Quando si parla di differenza tra cinema e teatro, bisognerebbe sempre prendere come esempio La parola ai giurati di Sidney Lumet. Un regista in grado di prendere un testo teatrale e adattarlo al cinema mantenendone la struttura e l'unità di luogo, pur rendendolo un'esperienza totalmente cinematografica. Henry Fonda e il suo sguardo gentile ci cullano in un racconto che miscela una scrittura finemente cesellata con una capacità di tenere in piedi il ritmo che ha del miracoloso. Lumet ci fa entrare nella testa di ogni singolo personaggio usando tutte le armi a sua disposizione. Un film che, tra l'altro, dovrebbe essere mostrato oggi per combattere discriminazione e pregiudizi.

Per un pugno di dollari (1964)
Chi scrive preferisce Il buono, il brutto, il cattivo. Ma è innegabile che Per un pugno di dollari distilli tutta una serie di cose bellissime: è il primo western di Sergio Leone, il modello di tutto il western all'italiana, il primo ruolo consistente per Clint Eastwood e la volta in cui Ennio Morricone è diventato quello che è oggi, un genio apprezzato in tutto il mondo. Il duello finale pistola vs. fucile è storia del cinema, Gian Maria Volonté un cattivo indimenticabile e gli scenari dell'Almeria sono entrati nel cervello di generazioni di spettatori e non se ne sono più andati, rappresentando per molti un'America che non avevano mai visto dal vivo. Epocale.

Il braccio violento della legge (1971)
Negli anni '70 non c'era nessuno come William Friedkin. Potremmo citarvi anche L'esorcista e Il salario della paura, che in quanto a perfezione non le mandano a dire a nessuno. Ma ci va di parlare de Il braccio violento della legge perché, con la sua narrazione asciutta e quasi documentaristica, anticipa tutta la stagione dei procedural polizieschi televisivi. E' incredibile come Friedkin abbia guidato la nave in porto senza mai sgarrare, ma con una capacità di sintesi rara. Non c'è un dialogo eccessivo, non una scena fuori posto. Gli inseguimenti sono il culmine della tecnica hollywoodiana. E Gene Hackman e Roy Scheider due antieroi working class straordinari. Il finale, nerissimo, chiude tutto nella maniera più perfetta possibile.

Un lupo mannaro americano a Londra (1981)
John Landis ne ha realizzati di capolavori, ma tra essi forse è Un lupo mannaro americano a Londra a potersi fregiare del titolo di film perfetto. Non c'è una sbavatura in questo film di 97 minuti che spaventa, diverte ed emoziona. Un ottovolante di sentimenti che si snoda tra i siparietti - inizialmente comici ma via via sempre più disturbanti - tra il protagonista David (David Naughton) e il suo defunto amico Jack (Griffin Dunne), e gli assalti del lupo mannaro per le strade di Londra. Il finale a Piccadilly Circus è epocale, ma è la trasformazione in lupo mannaro eseguita dal vivo davanti alla macchina da presa a essere entrata nella storia. Un film che è una comunione di scrittura, regia, montaggio ed effetti speciali all'avanguardia (di Rick Baker) unica nel suo genere.

La cosa (1982)
Flop micidiale alla sua uscita, La cosa è oggi da considerarsi uno de capolavori della fantascienza e di certo uno dei più alti episodi della filmografia di un genio come John Carpenter. Si parlava di effetti speciali, e anche qui siamo ai massimi livelli consentiti all'epoca: i trucchi di Rob Bottin sono ancora oggi un esempio da seguire (tanto è vero che il prequel, con tanto di aggiunta di CGI, non ce l'ha fatta a eguagliarli). Ma non ci sono solo quelli: c'è il rigore della regia di Carpenter, il carisma di Kurt Russell e un sapore da Lovecraft che non guasta. Ne esce uno dei film più paranoici di sempre, dotato di un ritmo indiavolato e pieno di trovate iconiche da cima a fondo.

Conan il barbaro (1982)
Bastano poche note della colonna sonora di Basil Poledouris per capire di essere di fronte a un capolavoro. In esse c'è tutta l'epica, il sogno avventuroso di epoche remote e mitologiche. Poi John Milius (sceneggiatore di Apocalypse Now e regista di Un mercoledì da leoni e Alba rossa, tra gli altri) ci trascina nel mezzo di un assalto al villaggio cimmero dove vive il piccolo Conan. E ci presenta Thulsa Doom, che ha il volto austero e magnetico di James Earl Jones. E poi arriva Arnold Schwarzenegger, pronto a tutto pur di dimostrare di avere la stoffa da star. Mai c'è stato un altro film così abile nel condensare in due ore la materia di cui è fatta l'avventura. E quel finale, quel confronto padre/figlio nel mezzo di un rito pagano, è da brividi.

Ritorno al futuro (1985)
Uno dei classici anni '80 per eccellenza, Ritorno al futuro eccelle in tutto. In due ore ci dà commedia, fantascienza, avventura, personaggi leggendari e le musiche di Alan Silvestri. Robert Zemeckis e lo sceneggiatore Bob Gale davvero riuscirono a catturare il famoso "fulmine nella bottiglia" con un film che è talmente amato ancora oggi da non aver mai richiesto un remake per aggiornarlo. E' eterno e universale come Doc e Marty.
Stand by Me - Ricordo di un'estate (1986)
Uno dei migliori film tratti da Stephen King, di certo quello che più coglie il tono e lo stile delle sue pagine. Stand by Me di Rob Reiner è un capolavoro, il perfetto racconto di crescita all'americana. Se cercate film di questo genere, ovvero le storie di maturazione di un gruppo di ragazzi, fermatevi qui, perché di meglio non si può fare. La colonna sonora è sublime, gli attori sono fantastici (River Phoenix sarebbe morto poco dopo, un vero spreco) e la malinconia di fondo non eccede mai, bilanciata da un umorismo sempre tagliente.