
Nato nel 1925 a Kansas City, città che avrebbe poi celebrato in uno dei suoi ultimi film, Altman si fa le ossa per lunghi anni in televisione, dirigendo diecine di episodi di serie, film tv e teledrammi tra gli anni Cinquanta e Sessanta e riscuotendo un enorme successo grazie a "Bonanza", serie western da lui ideata e rimasta nella storia del piccolo schermo. In realtà l'attività cinematografica del regista era iniziata come documentarista sportivo, con delle chicche tra basket, football e altri sport che è possibile in parte vedere al Torino Film Festival, che dedica la sua annuale retrospettiva maggiore a questa figura iimprescindibile del cinema statunitense.
L'esordio nel lungometraggio arriva nel 1968 con "Conto alla rovescia", un dramma di fantapolitica sulla corsa alla conquista dello spazio tra USA e URSS, con protagonista James Caan. Caustico, crudele, sovversivo anche nella forma cinematografica, Countdown mostra subito il vero volto di un regista che desidera raccontare l'America sotto un altro punto di vista, quello di chi ha vissuto gli anni Sessanta vedendo spegnere il sogno americano. Di fatto, tutta la sua produzione degli anni Settanta si basa sulla sistematica vivisezione dell'American Way of Life, usando i più svariati pretesti, dalla guerra in Corea raccontata attraverso l'unita medica M.A.S.H. 4066 al sogno infranto di un ragazzo che voleva imparare a volare in "Anche gli uccelli uccidono", fino alla perfezione formale di "Nashville", probabilmente il suo capolavoro, rilettura in chiave musical country del paese tradito e ferito a morte.

Il cinema di Altman è un corpus intriso di coraggio, malinconia, dolore e sarcasmo e lo dimostrano anche i volti che gli hanno dato vita, dalla coppia Elliott Gould e Donald Sutherland al crepuscolare Paul Newman di "Buffalo Bill e gli indiani" e "Quintet", tentativo di fantascienza intellettuale che costò moltissimo al regista sotto molti punti di vista, passando addirittura per l'eccezionale partecipazione di Vittorio Gassman e Gigi Proietti nello straordinario "Un matrimonio", opera grottesca e di rottura assolutamente incompresa. Il disastro arriva con "Popeye", produzione Disney con Robin Williams e Shelley Duvall che si rivela un fiasco clamoroso a fronte di un budget sontuoso.
Gli anni Ottanta sono il decennio dell'espiazione per Altman, messo ai margini degli studios ma attivissimo e con un livello artistico impressionante, basti pensare a film come "Streamers", "Follia d'amore" e "Jimmy Dean, Jimmy Dean". Ma proprio il risentimento accumulato nei confronti dell'industria cinematografica in quegli anni lo porta poi a un giusto riscatto, sublimandolo ne "I protagonisti" e "America oggi", film che gli consegnano quel rispetto e quella considerazione che meritava da tempo e che gli permettono di lavorare con relativa tranquillità anche all'interno dello studio system.

Gli ultimi tre film, "Gosford Park", "The Company" e "Radio America", sono un testamento cinematografico straordinario, in cui si mischiano elegia e gioia di vivere con eccezionale semplicità. Altman è un autore che non si finisce mai di scoprire, soprattutto in quelle opere da molti definite, erroneamente minori.
Chi scrive si permette di consigliare due titoli: "Tre donne" e "California Poker". Dopo averli visti, non potrete più fare a meno del cinema di Robert Altman.
Film.it al Torino Film Festival. Le pellicole, le interviste e i dietro le quinte da Torino 29. Fate il pieno di cinema all'interno del nostro speciale.