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Il passato è una terra straniera

Ispirato dall'omonimo romanzo di Gianrico Carofiglio, "Il passato è una terra straniera" è il terzo film da regista di Daniele Vicari, e senza dubbio il suo più riuscito.

Il passato è una terra straniera

27.10.2008 - Autore: Adriano Ercolani
Nella Bari dei giorni nostri Giorgio (Elio Germano) è uno studente modello, a cui manca un solo esame per laurearsi in giurisprudenza. Ad una festa conosce accidentalmente Francesco (Michele Riondino), un giovane giocatore d’azzardo con cui immediatamente fa amicizia. Insieme i due iniziano a frequentare le bische più malfamate della città, divenuti ben presto incalliti giocatori di poker e bari di professione. Rapito ormai dal vizio del gioco d’azzardo e dal successo economico che ne deriva, Giorgio comincia a perdere di vista i suoi obiettivi, e si lascia trasinare da Francesco inun mondo sempre più torbido ed ai limiti della legalità, fino a perdere definitivamente il senso della misura, e non saper riconoscere più la linea sottile che delimita il bene dal male…

Ispirato dall’omonimo romanzo di Gianrico Carofiglio, “Il passato è una terra straniera” è il terzo film da regista di Daniele Vicari, e senza dubbio il suo più riuscito. Nella prima parte del film l’incontro tra i due mondi diversi dei due protagonisti, la loro conseguente miscela e la progressiva contaminazione verso il torbido di Giorgio è seducente e calibrata al punto giusto, anche grazie allo sviluppo interiore di questo personaggio sempre in bilico tra frustrazione morale e violenza istintiva repressa. A dargli corpo un Elio Germano perfetto per il ruolo e convincente, aiutato da un Michele Riondino che si rivela fin dalle prime scene ottima spalla.

A metà della narrazione circa però il film offre una cesura non tanto narrativa quanto emotiva che lo spezza in due in maniera fin troppo netta, e nella seconda parte la caduta verso la perdizione dei due ragazzi diventa troppo repentina ed eccessiva rispetto alle basi che erano state gettate in precedenza. Anche i due attori allora iniziano a risultare eccessivamente forzati in ruoli non più equilibrati, ed il sospetto di un certo manierismo nella loro recitazione fa capolino in più di un occasione. Anche Vicari, che fino ad allora aveva impostato il film su una messa in scena “forte” ma ben calibrata, non eccessiva, inizia a costruire l’estetica delle scene con un’enfasi non del tutto giustificata, che rimane di certo efficace ma forse un po’ incoerente con i toni che erano stati sviluppati all’inizio.

Il passato è una terra straniera” è un lungometraggio che funziona benissimo finché si mantiene sui binari testati della trama principale, quella di questi due ragazzi che si scoprono complici e “gamblers”; quando invece la trama inizia a volerci immergere in atmosfera e situazioni più pregnanti di questa la pellicola sbanda decisamente verso l’eccesso senza trovare più un vero centro sia narrativo che puramente cinematografico.

Vicari dimostra di avere senso dell’inquadratura e padronanza del ritmo del racconto finché la vicenda è ambientata a Bari, poi si lascia andare a delle forzature che rendono il suo lavoro abbastanza disomogeneo. Peccato, perché all’inizio il suo film si era presentato come un ottimo prodotto di genere capace di abbinare struttura narrativa precisa ad una messa in scena lucida e stringata.  

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