
Gael, personalmente quanto credi nella politica e nella possibilità di cambiare?
Ci credo, ma sono realista: la democrazia è come una partita di calcio. Si tratta della battaglia più importante di tutte, quella da vincere. Ma inevitabilmente ne resterai deluso. Dunque nel gioco della democrazia dobbiamo essere completamente cinici. È un qualcosa di importantissimo, ma alla fine non appaga. Ad esempio, oggi non c’è istruzione gratuita in Cile. Quindi si è trattata di una vittoria parziale. Ma un lato positivo c’è: la democrazia e la vera politica si costruiscono giorno dopo giorno, in comunità, in sfere più piccole. Anche con l’arte, non solo in senso cinematografico.
Da artista quanto è difficile affermarsi in America Latina?
Moltissimo. Vivo tra il Messico e Buenos Aires. Voglio continuare a lavorare in America Latina, dove mi sento più tranquillo e posso scegliere i ruoli che mi interessano. Gli americani, ovviamente, sono quelli che pagano di più. E negli USA si possono fare soldi senza doversi riciclare con le telenovelas… che è quello che prima o poi mi toccherà fare se rimango qui.
A proposito di scegliere i ruoli: Larraín ha girato “No” con uno stile molto particolare. In passato hai lavorato con Gondry che è un altro sperimentatore dell’immagine. Sei tu che cerchi questi registi oppure capita e basta?
In un certo senso, li cerco. Anzi direi che il regista è proprio il fattore principale per me per decidere se accettare un ruolo o meno. Quando Pablo mi ha chiamato gli ho subito detto di sì, soltanto in un secondo momento ho letto il copione. Mi piace il rapporto creativo che si crea tra attore e regista: io devo essere sedotto dal suo talento e costantemente ispirato. E poi ci sono quelli misteriosi: uno come Jim Jarmusch ad esempio, che non ti dice tutto e sei tu che devi scoprirlo. Michel Gondry, invece, ti parla in un linguaggio tutto suo… e non ha senso! Sta a tre poi trovarlo.

Recentemente sei passato alla commedia più demenziale recitando insieme a Will Ferrell in “Casa de mi padre” che è un film che in Italia ancora non abbiamo visto…
Amo quel film. È così ridicolo ed estremo! È come uno sketch del Saturday Night Live. È stato Will Ferrell a chiamare me e Diego Luna. E io e Diego non riusciamo ad essere seri. Mai. Un tempo in America Latina avevamo comici talentuosi, oggi il nostro sense of humour è più scadente. Mi piace pensare però che un film come “Y Tu Mama Tambien” fosse divertente: doloroso ma anche spassoso.
La nostra domandona finale: il poster che avevi in camera da bambino?
Asterix, solo Asterix! Ed era difficilissimo trovarlo in Messico. Ogni volta che qualche cugino andava in Europa, gli chiedevo di comprarmi i fumetti…
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