
“Si dice che non sappiamo cosa sia la paura finché non sentiamo un colpo di tosse provenire da sotto il letto – ha dichiarato l'autore – Questo è ciò che voglio evocare”. Durante l'incontro con la stampa, Carrisi ha raccontato di essersi ispirato a un agente della polizia di Roma: “Lavorare ai casi di persone scomparse non è come indagare su un omicidio. È una cosa che ti perseguita. L'agente Massimo era solito guardare la folla alla ricerca dei volti degli scomparsi, al punto che, ogni volta che usciva con una donna, la faceva ingelosire perché sembrava guardare le altre”. Carrisi si è anche lanciato in una difesa a spada tratta del genere italiano, sia letterario che cinematografico: “Paghiamo una scelta culturale e ideologica, a un certo punto abbiamo scelto il neorealismo e bandito tutto quello che veniva dalla fantasia. Ora stiamo riabilitando i generi, perché il neorealismo non è più esportabile. Scerbanenco stesso è stato una grande vittima di tutto ciò, se fosse nato negli Stati Uniti sarebbe celebrato come uno dei più grandi autori di sempre. Noi non saremmo qui se non fosse stato per lui: più che autori noir, siamo scerbanenchiani”.
Inoltre, Il paese che amo di Simone Sarasso, terza parte di una trilogia sulla storia occulta della politica italiana dal dopoguerra al Tangentopoli, ha ottenuto una menzione speciale, così motivata: “La menzione speciale va all'ultimo capitolo di una trilogia noir in cui si mescolano efficacemente la storia sociale politica e musicale in nero del recente passato del nostro paese”. “Ci ho messo dieci anni a completare questa trilogia – ha rivelato l'autore – Quando ho iniziato a documentarmi per scrivere il primo romanzo, Confine di stato, non avevo idea delle porte che stavo spalancando. La realtà vince sempre quattro a zero sulla fantasia”.